Constatiamo, con non poco disappunto, che il Ministero dell’Istruzione, nelle sue articolazioni territoriali, continua a “snobbare” senza valido motivo, a volte anche con tonalità velatamente offensive, la maggior parte dei colleghi (ma… non tutti).
Andiamo subito al dunque.
Prendiamo il caso dei più recenti interpelli per la copertura degli Ust lombardi, e limitiamoci all’ultimo anno solare. Già prima facie è semplice rendersi conto di un dato di fatto, che va constatato apertamente: pur nella proliferazione di criteri, note, direttive, precisazioni, chiarimenti ministeriali volti (almeno sulla carta) a tutelare l’imparzialità dell’azione amministrativa, la discrezionalità è rimasta.
E ci starebbe anche, per carità. La responsabilità dirigenziale è connessa a un certo grado di discrezionalità, lo tocchiamo con mano nel nostro lavoro quotidiano; a patto però che sia accompagnata dalla tutela di un’imparzialità amministrativa -costituzionalmente presidiata- che, invece, proprio non vediamo.
I casi -anche recenti, ripetiamo- sono sotto gli occhi di tutti. Un esempio? Dopo una serie di interpelli volti a conferire incarichi dirigenziali non generali presso uffici territoriali (Ust), a cui evidentemente avevano (legittimamente) risposto diversi dirigenti scolastici, in data 20 settembre 2024, con prot. AOODRLO Reg Uff. 49784/24 recante “Procedura per il conferimento di incarico dirigenziale non generale dell’Ufficio XIII (A.T. Sondrio)”, l’Usr si affrettava a mettere in bella evidenza (sottolineato) in apertura dell’Avviso il seguente, plateale avvertimento:
“Il presente avviso non è rivolto ai dirigenti in servizio presso le istituzioni scolastiche”
Ora, facendo sconto della tonalità “urlata” del monito che potrebbe anche urtare la sensibilità di molti rappresentanti della categoria (la più elementare netiquette insegna che le maiuscole e le sottolineature equivalgono ad un innalzamento piccato dei toni), la domanda è lecita e quasi doverosa: ma perché mai?
Una (non) risposta, a ben guardare, la si trova già nel sottile sofisma -degno dei più raffinati burocrati bizantini- nascosto nell’espressione “dirigenti in servizio presso le istituzioni scolastiche”. Perifrasi apparentemente contorta, che nella realtà dei fatti definisce e non definisce, in quanto pare adombrare in astratto la temporaneità di una condizione (ora sono in servizio presso Istituzioni scolastiche, domani chissà…) che in concreto si vuole mantenere immutata. In effetti capiamo perfettamente gli estensori del documento: d’accordo sbatterlo “in prima pagina”, d’accordo la sottolineatura (evidentemente, per usare un’espressione di evangelica memoria, siamo una categoria “di dura cervice”), ma parlare esplicitamente di “dirigenti scolastici” sarebbe stato troppo…
Il punto vero, però, non è la stolidità dei “dirigenti in servizio presso le Ii.Ss.Aa.” La questione è che a certi interpelli “ci permettiamo di rispondere”, dando peraltro la nostra (evidentemente non gradita) disponibilità ad assumere incarichi di grande responsabilità, almeno per due ragioni:
1) pur nella difficoltà di districarsi in un terreno minato e fatto di indicazioni (volutamente?) contraddittorie, lacerazioni, strappi, pezze e aggiunte stratificatesi nel tempo non si rinviene nell’ordinamento alcuna plausibile giustificazione a una tale restrizione: nemmeno nell’evocata Direttiva ministeriale n. 5 del gennaio 2021, che all’art. 4 fa riferimento a dirigenti “nei ruoli del Ministero” – i.e. a quanto è dato di capire Funzioni Centrali-, salvo poi, al successivo c. 6, riaprire il campo a tutti gli altri a fronte di non meglio precisate “specifiche esigenze”; peraltro va aggiunto che l’unica vera fonte di diritto in questa congerie di direttive, note, chiarimenti ecc., vale a dire il Tupi, all’art. 19 c. 5, parla di “dirigenti assegnati all’Ufficio del Direttore Generale”: ma i dirigenti scolastici non sono inquadrati in “ruoli regionali”? Certo che sì! E dunque?
2) Vediamo tutti i giorni che diversi nostri colleghi fino al giorno prima “in servizio presso le Ii.Ss.Aa.” vengono invece accolti nel “Gotha” dei sedicenti “dirigenti di seconda fascia” (ah, perché noi non lo siamo?), se non oltre. E allora delle due l’una: o si può o non si può. Se piove, piove per tutti. Se iniziano a circolare gli ombrelli, chi si bagna è fesso.
Dunque, ben sapendo che gli uffici di cui sopra sono amministrati da dirigenti competenti e molto attenti, non resta che fare ricorso all’inossidabile principio della discrezionalità amministrativa, che come detto rientra pienamente nella sfera di prerogative delle Direzioni Generali e, come la camicia bianca e il pullover blu -che, si sa, stan bene con tutto- è sempre pronto a sbucare dal cassetto quando serve.
E va bene. So far so good, direbbero gli inglesi. Fin qui tutto bene.
Peccato però che le regolette di cui sopra (Direttiva del 2021 e compagnia bella), che -siamo pronti a scommetterlo- ci verrebbero diligentemente snocciolate dall’amministrazione a motivazione delle proprie scelte, non valgano per tutti.
Ed è qui che casca l’asino.
Già, perché sappiamo perfettamente che buona parte degli Uffici scolastici territoriali lombardi (per limitarci a questa Regione) sono ricoperti da ex “presidi”, ossia proprio da dirigenti scolastici che al momento dell’interpello si trovavano in servizio presso Istituzioni scolastiche (proprio quelli rintuzzati, con tanto di riga sotto, in apertura dell’Avviso “sondriese”), e che questo tipo di “cooptazione” (perché a questo punto si deve riconoscere che di ciò si tratta a tutti gli effetti) continua ad avvenire anche in tempi recentissimi, senza che vi sia espressa menzione di credibili “specifiche esigenze” (Dir. min. 5/1/21, art. 4 c. 6). E sappiamo anche che “ex presidi” sono assurti ad incarichi ben più prestigiosi, saltando a piè pari addirittura le fasce dirigenziali per portarsi nella “metà alta della classifica”.
Ma restiamo nel nostro orticello regionale per scoprire che, a rincaro, l’Amministrazione (forse anche in vista di una imminente riorganizzazione degli uffici) preferisce continuare ad assegnare “provveditorati” in reggenza -in spregio peraltro ad ogni principio di equilibrata rotazione degli incarichi- piuttosto che prendere in considerazione domande prevenute da dirigenti scolastici (anzi, “in servizio presso” etc…). Chissà poi con quale criterio (non vogliamo pensare che sia meramente “di cassa”).
Per estrema chiarezza aggiungiamo una considerazione, giusto en passant: se il fine ultimo è quello di scoraggiare i dirigenti scolastici (indesiderati) dall’aspirare al conferimento di incarichi percepiti come eccessivamente gravosi e complessi, riteniamo che un Ufficio Scolastico Regionale possa disporre di ben altri mezzi -pienamente legittimi- che una frase sottolineata appiccicata sopra un interpello, che suona come un pregiudizio ad excludendum dissuasivo in radice.
Basterebbe ad esempio un semplice colloquio -peraltro già previsto dalla prassi- in cui ci si confrontasse con gli interessati sulle effettive competenze gestionali, organizzative e amministrative richieste dall’incarico, ammesso che i dirigenti scolastici non le possiedano.
Discrezionalità sì, dunque, a patto però che siano garantiti anche i principi di imparzialità, neutralità ed equidistanza perimetrati dalla Carta Costituzionale al ben noto art. 97, inevitabile punto di partenza per ogni concorso pubblico che si rispetti.
Altrimenti diventa l’ennesimo svilimento -anticostituzionale- della professionalità dei “dirigenti scolastici” che, rinchiusi nella pittoresca “riserva indiana” a seguito del ricordato CCNQ 2016, ora sono palesemente rinnegati dal loro stesso Ministero. Con qualche eccezione, beninteso, perché le norme, si sa, sono uguali per tutti ma per alcuni lo sono di più. E questo non è un Paese per chi ama farsi troppe domande.