Il sedicente “sindacato dei presidi” non firma il CCNQ 25-27. E fa la morale a chi i risultati li ha portati a casa davvero.
Un contratto è un accordo tra parti e ciascuna è libera di non sottoscriverlo qualora non si trovi in sintonia con quanto prevede. Fin qui tutto bene.
Alla ricerca del consenso perduto
I problemi cominciano quando si ha la pretesa -o meglio, nel caso in esame, l’ambizione- di strumentalizzare ad ogni costo la mancata firma nella spasmodica ricerca del consenso perduto. Facendo pure la morale a chi i risultati li ha portati a casa per davvero. A vantaggio di tutta la categoria, non di qualche manipolo di privilegiati. I fatti sono noti: lo scorso 17 giugno la Cida, confederazione a cui appartiene la sigla di cui sopra, che pur professandosi “punto di riferimento per la dirigenza scolastica” è presieduta da un dirigente tecnico ed era rappresentata al tavolo da un dsga (questo già la dice lunga), non ha sottoscritto l’ipotesi di Ccnq ’25-’27 a causa del “mancato riconoscimento del middle management” nelle aree della dirigenza, sottolinea un comunicato.
Reazioni scomposte
Se ci si fosse fermati qui, nulla quaestio: ognuno è libero di portare avanti le proprie idee, peraltro in parte condivisibili. Il fatto è che lo stesso testo prosegue rintuzzando, con modalità non propriamente signorili, la pretesa “balordaggine” dell’invocato inserimento della dirigenza scolastica nell’area delle Funzioni Centrali, una battaglia da sempre al centro dell’interesse di DIRIGENTISCUOLA, che oggi la porta avanti con rinnovato vigore. E’ qui che iniziano le reazioni scomposte. La modalità è sempre la stessa: minimizzare, cercare di buttarla sul ridicolo, sull’irrealistico, sull’improbabile o peggio. Peccato che ormai l’hanno capito tutti: quanto più ci si arrovella nello stucchevole tentativo di denigrare le posizioni altrui, tanto più risulta chiaro che le si teme. E come dar torto a chi ha paura che, finalmente, si svelino gli altarini?
La categoria non è sciocca!
Al che potremmo anche lasciar perdere, se non fosse che certe argomentazioni suonano -lo diciamo senza mezzi termini- come una presa in giro dell’intelligenza della categoria. Fingere di non capire (ci auguriamo che sia una finta, altrimenti sarebbe ignoranza vera, etimologicamente parlando beninteso) che la collocazione della dirigenza scolastica nelle Funzioni Centrali non solo sarebbe vantaggiosa, ma soprattutto naturale e quasi ovvia è infatti non solo superficiale, ma offensivo: ci prendete per sciocchi?
Con le memorie ci sappiamo fare…
Ora: sarebbe fin troppo semplice smontare punto per punto le imprecisioni (chiamiamole elegantemente così) che sorreggono la fragile ossatura argomentativa di chi sappiamo. Del resto siamo molto bravi a riempire pagine e pagine di memorie difensive, come sanno bene i dirigenti amministrativi che fra di loro proprio non ci vogliono e che continuano a riempirci la scrivania con richieste di rapporti, quelle sì davvero balorde.
Se è così sconveniente, perché fare un concorso?
Sarebbe semplice, ad esempio, riflettere sul fatto che, se davvero essere inseriti nelle Funzioni Centrali fosse così sconveniente, deleterio, dannoso ecc., non si spiegherebbero le ragioni di un obsoleto concorso, quello per Dirigente Tecnico (inserito guarda caso nel “ruolo unico” dell’area FC), che sono costretti a fare anche gli stessi dirigenti scolastici, a tutti gli effetti dirigenti di seconda fascia proprio come gli “Ispettori”. Fare un concorso per andare a stare peggio sarebbe quantomeno “tafazziano”, e la categoria non è certo così sprovveduta! Alla stessa stregua, se passare all’area delle Funzioni Centrali fosse tanto svantaggioso per i DS, perché si avrebbe tanta premura di escludere i dirigenti scolastici dagli interpelli per le posizioni di dirigenti tecnici o amministrativi? Si dovrebbe al contrario incoraggiarne la partecipazione, visto che andrebbero a star peggio e nessun essere dotato di senno farebbe a gara per peggiorare la propria posizione. O no?
Responsabilità pesantissime, ogni giorno. E gli altri dirigenti?
Sarebbe ancora più facile sottolineare che un conto è avere a che fare tutti i santi giorni con migliaia di minori da tutelare, famiglie maleducate da ascoltare, centinaia di lavoratori insoddisfatti e sindacalizzati, strutture fatiscenti, enti locali poco collaborativi, uffici che non ti tutelano, Asl, Vigili del Fuoco, Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, autorità di vigilanza, revisori dei conti e chi più ne ha più ne metta, un altro è restare seduti a fare firme e smazzare carte, mettere giù quattro progetti (rigorosamente da casa, visti gli 8 giorni di smart working riconosciuti alle Funzioni Centrali) e magari essere mandati in missione a tirare le orecchie a un povero DS dopo la solita pesca a strascico.
Di chi è il merito degli aumenti?
Se volessimo continuare a “sparare sulla Croce Rossa” potremmo dire in aggiunta che: lo sbandierato aumento dello stipendio tabellare non è certo merito della citata sigla, visto che, dati alla mano, i veri significativi incrementi si sono verificati -guarda caso- da quando DIRIGENTISCUOLA ha iniziato a farsi sentire; la retribuzione di risultato, conquista recentissima di DIRIGENTISCUOLA dopo che per 25 anni la stessa sigla ha cercato di affossarla con argomentazioni analoghe a quelle riesumate oggi (la specificità, la peculiarità, ecc.), è tutt’oggi ben inferiore a quella accordata ai dirigenti tecnici e amministrativi, come riconosciuto dalla stessa sigla in precedenti comunicati (del resto basta dare un’occhiata alle tabelle: quando mai si sono visti dalle parti della dirigenza scolastica 20mila euro di risultato?).
Che c’entrano 165 e Fun?
Discutibile anche il fumo negli occhi del dlgs 165, il cui articolo 25 non può certo essere considerato una “linea Maginot” invalicabile e peggiorativa per la categoria ma, all’opposto, il riconoscimento-punto di partenza per la completa equiparazione anche giuridica della dirigenza scolastica: così come l’affermazione secondo cui garantire la sacrosanta equiparazione di fatto e di diritto fra dirigenti pubblici di pari fascia sarebbe una lesione radicale all’ordinamento statale. Bum! Sorvoliamo poi sull’accenno al Fun, istituto la cui riparametrazione o revisione resterebbero sempre possibili. Sarebbe ridicolo che una questione di rilevanza costituzionale come la parità di trattamento fra dirigenti di pari fascia venisse subordinata ai congegni tecnici di un Fondo di categoria!
Ma quale semplificazione…
Per non parlare dell’acrobatica affermazione secondo cui “la dirigenza scolastica verrebbe del tutto assimilata a quella amministrativa, in palese contraddizione con le unanimi richieste di semplificazione della scuola che, invece, sarebbe così ancora più inondata di molestie burocratiche”. Come se la natura del nostro lavoro -già di fatto irto di gravami burocratici, tanto che alla didattica dedichiamo ormai sì e no un decimo del nostro tempo di lavoro- fosse determinata dall’Area contrattuale di appartenenza e non, semmai, il contrario. E che dire della millantata “indifferenza del tavolo” alle proposte di DIRIGENTISCUOLA, considerate invece con molta attenzione dall’amministrazione (che nella sostanza le comprende appieno) e con evidente, palpabile terrore dagli estensori del maldestro comunicato?
Riserve indiane e chi vuole mantenerle
Ma perché tutta questa paura che diventiamo dirigenti come gli altri? Perché tutta questa volontà di relegare la dirigenza scolastica in un’eterna serie B? Cos’è tutta questa smania di farci restare, collodianamente parlando, “dirigenti di legno” e non, finalmente, dirigenti veri? Semplice: perché chi dice di fare gli interessi dei dirigenti scolastici in realtà non li fa, ma guarda da un lato ad aprire le porte al cosiddetto “middle management”, un serbatoio di tessere interessantissimo, dall’altro a preservare intatta la roccaforte della dirigenza amministrativa dalle legittime aspirazioni dei DS, il cui ingresso nell’area sconvolgerebbe non poco gli assetti.
Ma dove siamo in tutto questo noi dirigenti scolastici di cui si invoca l’unità? Semplice: bisogna continuare a cercarci nella ben nota “riserva indiana” che la sigla di cui sopra ha contribuito a costruire e consolidare nel tempo. Uniti sì, ma come compagni di sventura. E’ così che ci vogliono. Apriamo gli occhi!