In questi giorni assistiamo divertiti, dalla finestra del nostro osservatorio in cui albergano – si badi bene – solo ed esclusivamente dirigenti scolastici, all’ennesima carrellata di opinioni degli “esperti del settore” su un tema che era già vecchio quando è nato: la (presunta e poi smentita) proposta di Aran di “estendere il potere sanzionatorio dei dirigenti scolastici sui docenti da 10 a 30 giorni”. Un argomento che, sappiamo, ormai da anni viene artatamente e sistematicamente rinviato “ad apposita sequenza contrattuale” (che mai ha da venire), e che a nessuno fa comodo… scomodare.
Al di là delle opinioni in sé, che come sempre in questi casi sono l’aspetto meno interessante, l’occasione è ghiotta per guardare in controluce e scoprire gli altarini dei veri interessi sindacali delle parti. Ci limitiamo a due casi emblematici, anche per trovare conferma che i presunti opposti a volte convergono, come si diceva un tempo.
Qualche giorno fa ha detto la sua il sedicente “sindacato dei presidi” (ma anche dei docenti professionalmente elevati, dei dirigenti tecnici e così via), il cui esponente laziale, evidentemente dimenticando – o fingendo di farlo – che i dirigenti scolastici non possono nemmeno esercitare nei confronti dei docenti il potere sospensivo, insiste sulla linea di raccontare ai DS un potere disciplinare che effettivamente non hanno (una strategia per fare sì che se ne stiano buoni e calmi nella “riserva indiana”?), salvo poi dire le cose veramente importanti nel contorno: l’intervistato non esita infatti a mettersi nei panni prima dei docenti, che mostrano “un comportamento nella stragrande maggioranza adeguato”, poi dei “poveri Usr, oberati e caricati di lavoro”.
Ma poveretti loro, costretti a starsene in uffici con tre-quattro persone che ad andar bene sono in smart working, mentre noi ci svegliamo tutti i giorni con almeno un migliaio di minori da tutelare, le relative famiglie da ascoltare, qualche centinaio di lavoratori da gestire, e poi la sicurezza, gli acquisti, i viaggi di istruzione, le strutture, i monitoraggi, le rendicontazioni, le assunzioni, le ferie, i permessi, e l’Inail, l’Inps, i Vigili del Fuoco, i Carabinieri, i tribunali, la tutela, gli Enti Locali, la banca, i sindacati, gli avvocati, le minacce e, guarda caso, le relazioni inutili e vessatorie che gli Usr – guarda caso – fra i loro mille impegni trovano sempre il tempo di recapitarci. In tutto questo chi dovrebbe tutelare i “presidi” sta prendendo le difese di tutte le categorie tranne della nostra, a partire dagli stessi uffici che, mentre quando si tratta di sanzionare un docente o un Ata se la prendono comoda, fanno scadere i termini, ributtano tutto stizziti sulla scrivania del dirigente scolastico e così via, nelle sanzioni avverso i DS si mostrano incredibilmente solerti e pronti a mettersi sull’attenti alla prima lettera anonima.
A stretto giro ecco spuntare, sempre sul tema, la voce di una sigla di comparto che tra gli iscritti ha mediamente un DS ogni 2-300 deleghe e, comprensibilmente, si affretta invece a mettere in guardia i “presidi”, qualora non lo avessero compreso: badate bene che non avete nemmeno la possibilità di sospendere i docenti, non vi salti in testa di fare sciocchezze! La norma che lo prevede, infatti, come afferma l’art. 48 del CCNL 2019/21, non è applicabile fin quando questa materia non sarà regolata contrattualmente e fino ad allora resta in vigore il TU 297/1994 che non riconosce questo potere al DS. E giù con la solita solfa del cambiamento di sistema, del ripensamento complessivo, delle rivoluzioni copernicane e, come tali, di fatto impossibili da attuare.
Il gioco lo conosciamo già: è una replica del freno che, da ogni parte, era stato tirato sulla questione della valutazione dei DS che, non a caso, è stata pienamente adottata solo dopo 25 anni di sofferta lotta (nostra) e di atteggiamenti evasivi quando non apertamente ostili (loro), volti anche a scongiurare conseguenti effetti a cascata sulla valutazione – mai attuata – dei docenti, per molti uno spauracchio da evitare ad ogni costo. E dopo tutto questo c’è ancora qualche dirigente scolastico che si affida alle sigle di comparto…
Ma non ci sentiamo di stigmatizzare nessuno. Quando si recita troppo va a finire che ci si confonde e, nel “giuoco delle parti”, si perde di vista da quale stare. Lo diciamo da sempre, queste sono le contraddizioni di chi rappresenta non una categoria professionale, ma una pluralità di voci: nel tentativo di accordare strumenti tanto differenti si finisce per stonare. Sennonché stavolta la musica, oltre ad essere trita, è proprio stonata e di pessima qualità.
Fa nulla che DirigentiScuola scriva ad Aran le cose come stanno da sempre. E cioè che la legge c’è e va applicata, senza esagerare da una parte ma senza nemmeno tirare troppo il freno dall’altra. L’ultima serie di lettere al presidente Naddeo (la più recente) ha inizio ad aprile 2024, e già da subito fummo chiarissimi senza bisogno di inutili passerelle: qui non si tratta di aumentare le sanzioni “da 10 a 30 giorni” per spirito punitivo o per accrescere poteri discrezionali. I dirigenti scolastici chiedono semplicemente di poter attuare quanto stabilito dalla legge Madia (D. Lgs. 75/2017), in vigore dal 2017, che ha introdotto significative novità in materia di disciplina. E magari, visto che sono chiamati a rispondere del proprio operato, anche di potersi in qualche modo scegliere la squadra.
La norma, evidentemente giova ricordarlo, prevede sì che i dirigenti scolastici possano irrogare direttamente sanzioni disciplinari fino a 10 giorni di sospensione dal servizio e dallo stipendio senza dover necessariamente trasmettere gli atti all’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Una misura snella, più efficace e coerente con i principi di responsabilità dirigenziale. Peccato però che, come tutti sappiamo, per i dirigenti scolastici questa possibilità sia rimasta di fatto inapplicata a causa della mancata armonizzazione del Testo Unico della scuola (D. Lgs. 297/94), che continua a prevedere solo sanzioni più “classiche” come la censura o la sospensione fino a un mese, quest’ultima però non direttamente nella disponibilità del dirigente scolastico.
Il risultato è paradossale: una norma di legge esiste, ma per noi è lettera morta, visto che i dirigenti scolastici non sono messi nelle condizioni di applicarla. Intanto i casi di comportamenti lesivi, atti di mobbing, aggressioni verbali o fisiche ai danni dei dirigenti da parte di personale docente e Ata restano spesso senza conseguenze, anche gravi, semplicemente perché negli Uffici Scolastici Regionali i procedimenti disciplinari per i docenti, e solo per loro, si arenano. È ora che si conosca la legge, che la si studi a fondo e che si smetta di mistificare la realtà confondendo le acque. Non si tratta di nuove pretese, ma di un diritto/dovere: applicare ciò che è già previsto dal 2017.
Tutto ciò mentre lo stesso Naddeo affermava sul proprio profilo Linkedin quanto segue: “ARAN Agenzia non ha mai proposto ai sindacati di allargare le possibilità per i dirigenti scolastici di sanzionare direttamente i docenti, senza coinvolgere l’Ufficio scolastico o organismi esterni alla scuola”. E qui la cosa, se possibile, si fa ancora più grottesca. Tanto rumore per nulla, non vale nemmeno la pena di salvare le apparenze. Ormai è andato in soffitta persino il leggendario adagio di Tomasi di Lampedusa: se vogliamo che tutto rimanga com’è, facciamo prima a farcelo rimanere e basta.