Firmato il contratto per l’area dirigenziale Istruzione e Ricerca: una giornata in agrodolce

Firmato il contratto per l’area dirigenziale Istruzione e Ricerca: una giornata in agrodolce

Nel momento in cui stiliamo questo comunicato può solo presumersi che sui siti delle varie sigle sindacali leggeremo plaudenti dichiarazioni sull’avvenuta firma, nella serata odierna, del CCNL 2016-2018 dell’area “Istruzione e Ricerca”, a ben sette mesi dalla sigla sull’ipotesi di accordo.
Una anomalia tutta Italiana. Si firma un contratto a ben 7 mesi dalla scadenza… e tutto è normale!
Di certo non possiamo dire di essere insoddisfatti, per una dirigenza scolastica che dal primo di gennaio 2019 permane sì figlia di un dio minore, ma è un po’ meno pezzente rispetto a tutte le altre consorelle di pari seconda fascia, che non hanno avuto in sorte il godimento di una lussureggiante “specificità”.
Quel che invece non vi si leggerà è che sono stati vanificati ben due anni del triennio contrattuale: tutto il 2016 e tutto il 2017, i cui risibili aumenti, siccome parametrati sul tasso d’inflazione programmato e uguali per l’intera platea dei pubblici dipendenti, hanno accentuato, anziché restringerle, le differenze retributive con le dirigenze “normali”.
Non c’è stato verso di smuovere l’assoluto disinteresse dei nostri “competitor”, ammantato – sbrigativamente – da pseudo-ragionamenti di ordine tecnico e fatti inopinatamente assurgere ad insormontabili difficoltà.
L’unica consolazione è che, grazie alla nostra cocciuta insistenza, all’ultimo momento – proprio l’ultimo, quando mancava una manciata di secondi allo scoccare della mezzanotte del giorno di Santa Lucia – si è ottenuto per il solo 2018 un aumento della retribuzione di parte fissa dai circa 3.500 euro lordi annui ai circa 6.200, che dall’1 gennaio 2019 diventano poco più di 12.500 e così realizzandosi la perequazione economica della retribuzione di posizione parte fissa; che si aggiunge al tabellare (finora l’unica voce retributiva uguale a quella delle restanti dirigenze, se si esclude l’anomala dirigenza medica).
E’ un risultato indubbiamente notevole, date le premesse e le condizioni di contesto che, praticamente, ci hanno visto isolati sulla questione “di sostanza”.
Ma è una giustizia realizzata a metà. E anche meno. Brindiamo, quindi, ma con il bicchiere mezzo pieno.
Rimane infatti da perequare la retribuzione di parte variabile. E rimane da perequare la retribuzione di risultato, a tutt’oggi semplicemente inesistente!
Per il primo aspetto, sfidiamo chiunque a dimostrare – con ancoraggio alle disposizioni normative, ma basterebbe il buon senso se non fosse obnubilato da immarcescibili pregiudizi ideologici – che la “complessità” di un’istituzione scolastica, “pubblica amministrazione” funzionalmente autonoma, sia inferiore a quella di un ufficio interno affidato a un dirigente amministrativo avvalentesi, in media, di meno di dieci persone alle sue dipendenze per l’attuazione di singoli programmi predefiniti e di compiti circoscritti, gli uni e gli altri assegnati dal titolare direttore generale; a tacere dei dirigenti tecnici e dei dirigenti cosiddetti professionali, privi di qualsivoglia “struttura organizzativa” da dirigere e dei cui risultati rispondere.
Per il secondo aspetto, la partita dovrà in primo luogo giocarsi in sede di contrattazione integrativa nazionale ai tavoli del MIUR. Propriamente, la materia è solo oggetto di confronto, in esito al quale, però, occorrerà pregiudizialmente decidere se reiterare le implausibili sperimentazioni sistematicamente abortite in corso d’opera oppure vincolarsi alle prescrizioni di legge.
Si insisterà per la valutazione di una dirigenza scolastica consistente nell’affastellamento di carte, nella sottoposizione a colloqui con “esperti” – di chiara fama o di improvvisato conio, poco importa – e magari essere bacchettati nell’incessante percorso di un “miglioramento continuo” quali creature perennemente minorenni, perciò abbisognevoli di essere accompagnate mano nella mano sino alla soglia della quiescenza? Per una valutazione “gentile”, senza punteggi e senza graduatorie? Per una valutazione il cui riconoscimento economico si traduce, in definitiva, nella benevola elargizione di una mancia?
Oppure ci si determinerà, nel rispetto della legge, per una valutazione dirigenziale appropriata, cioè “vera”? Per una valutazione volta a verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi formalizzati in modo preciso nel provvedimento d’incarico, unitamente ai comportamenti organizzativi attesi e al rispetto delle direttive dell’Amministrazione. E quindi a remunerarla in misura selettiva o “significativamente differenziata” ovvero, riconoscendola adulta, all’opposto e ricorrendone i presupposti, sanzionarla secondo le graduate conseguenze, sempre come vuole la legge?
Sciolta quest’interessata e ipocrita ambiguità, allora si potranno richiedere le occorrenti risorse finanziarie senza più alibi.
E usciti allo scoperto, si potrà avere inoppugnabile testimonianza di chi ha fattivamente a cuore la dignità della categoria e di chi preferirà continuare a menar il can per l’aia. Come da vent’anni e più.
Cambierà lo scenario? Arriverà il giorno in cui i dirigenti scolastici recupereranno la loro calpestata dignità? Certamente si se la categoria lo vorrà e se sarà unita in un’unica O.S. di categoria.

In allegato:

  • file audio dell’intervento del Presidente Fratta

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