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REAZIONI SCOMPOSTE CONTINUANO…

REAZIONI SCOMPOSTE CONTINUANO…

Il 20 giugno scorso parlammo di “reazioni scomposte” riferendoci a certe sigle (sindacali e associative) alla ricerca del consenso perduto, e da allora non passa settimana che non ce ne capiti sottomano un esempio, ogni volta peggiore e più grottesco del precedente.

In Lombardia tocca alla Uil Scuola Rua, che dopo essersi resa conto che non aver firmato il CCNL non è poi quell’affare che credeva, si è accanita sui dirigenti scolastici “montando il caso” dell’informazione preventiva non data (circostanze peraltro smentite dai fatti).

In quel di Torino, invece, è la volta della Flc-Cgil, che pur avendo perso in tribunale continua ad accanirsi contro la collega Silvia Viscomi (oggi all’Istituto Alberghiero G. Colombatto), fatta oggetto di condotte persecutorie, esposti, finanche minacce e intimidazioni dei sindacati, con un Ufficio Scolastico Regionale pronto a rincarare la dose con ben 24 (ventiquattro!) richieste di relazioni e rapporti in pochi mesi (una persecuzione al vaglio dei legali DirigentiScuola, che non escludono azioni nei confronti dell’Ufficio). Proprio la sconfitta in sede giurisdizionale deve aver suscitato il nervosismo del sindacato rosso, che ha reagito… scompostamente.

Al centro dell’attenzione mediatica stavolta è finita una circolare della dirigente della scuola di via Gorizia, nella quale, dopo un giorno di occupazione  – con i soliti danni che verosimilmente nessuno pagherà -, si chiedeva ai docenti di registrare una circostanza de facto, vale a dire l’interruzione di pubblico servizio, fra l’altro correttamente segnalata alle famiglie con circolare contestuale.

Una disposizione organizzativa e cautelativa frutto di un clima di esasperazione e figlia delle enormi responsabilità che il dirigente scolastico deve suo malgrado assumersi (leggi: subire) in situazioni come questa. Ma soprattutto una circolare che si limita a chiedere ai “precettori” (vale a dire ai docenti, i quali sono a loro volta contrattualmente responsabili della vigilanza sui discenti) di registrare un semplice dato di fatto, diventata già – nell’ottica dei sindacati e di certa Stampa compiacente (la maiuscola non è un refuso), l’ennesima occasione di inventarsi una notizia: la vita torinese deve essere ben noiosa e sonnolenta per sprecare tante righe di inchiostro su un tale scoop!

Giusto per accennare al merito, si sottolinea en passant che: contrariamente a quanto sventolato sulla stampa, la semplice indicazione di un dato di fatto (la scuola è un pubblico servizio e determinate condotte, peraltro ostentate, lo interrompono) non è già né una sussunzione (tecnicamente: l’attribuzione della figura di reato astratta alla fattispecie concretamente verificatasi nello svolgersi storico degli eventi), né tantomeno una sentenza. E’ la semplice indicazione di un dato di fatto, che se prodotta da un pubblico ufficiale è peraltro “protetta” dallo speciale regime probatorio statuito dall’art. 2700 Codice Civile. Dunque l’invito non è a individuare alcun reato, né a condannare automaticamente i presunti autori, ma solo a registrare fotograficamente un dato di fatto storicamente realizzatosi.

Ma al di là dei busillis e dei tecnicismi da aule di tribunale (dove, lo ricordiamo, la Cgil ha preso sonore batoste), ciò che colpisce è la scelta di notiziare un’inezia del genere, che pone seri dubbi sull’effettiva buona fede anche di certa stampa. E siamo pronti a scommettere che gli stessi giornalisti che si sono dimostrati tanto larghi e solerti nel pubblicare una notiziona del genere, si dimostreranno improvvisamente stitici e sparagnini quando la parte lesa (perché di questo si tratta, volendo metterla in punto di diritto – anche perché sulle circolari non ci sono nomi e cognomi, ma sugli articoli sì) chiederà il giusto ristoro di una replica (fra l’altro un dovere di legge).

Qui di notizia ce n’è solo una: certi sindacati, messi alle corde, si abbandonano alle ormai ben note “reazioni scomposte”. Ma la cosa più triste è che ancora una volta i dirigenti scolastici, presi di mira e chiusi fra l’incudine di sindacati aggressivi e il martello di un’amministrazione che non fa nulla per tutelarli, non riescono a dedicarsi al loro lavoro, che è quello di “fare scuola”. Anzi, vengono pure messi alla gogna quando osano pretendere (non sia mai detto!) che a scuola ci si vada. E magari per apprendere, non per spaccare tutto.

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