Come ogni anno ci pervengono, da parte di dirigenti scolastici, preoccupate segnalazioni e richieste di suggerimenti operativi in ordine a diffide massive, generiche e non circostanziate poste in essere da soggetti autoqualificantisi come organizzazioni sindacali, associazioni di cittadini o simili, e che spesso non sono né rappresentativi di reali gruppi di interesse, né tantomeno legittimati portatori di reali istanze collettive.
Tanto premesso, in via preliminare si osserva che l’istituto della “diffida”, di frequente soggetto ad abusi e applicazioni generalizzate, definisce uno strumento stragiudiziale in cui, in sostanza, si informa il destinatario di una presunta compressione di un diritto in capo allo scrivente o ai soggetti da quest’ultimo rappresentati, ovvero di una condotta potenzialmente lesiva di tali diritti, usualmente fissando un termine per l’azione “in autotutela” a ristoro dell’invocato pregiudizio o per la cessazione della condotta contestata, decorso il quale, solitamente, si prospetta l’intenzione di dare seguito ad azioni giudiziali.
A tal proposito è importante tenere fermo che la diffida, che resta atto squisitamente unilaterale non automaticamente introduttivo di contenzioso giudiziale – limitandosi semmai, se provvista delle necessarie prerogative formali, alla costituzione in mora del destinatario -, non presuppone automaticamente replica o risposta, tantomeno ad excusationem delle presunte condotte commissive od omissive oggetto di doglianza.
Va precisato fra l’altro che, al contrario, proprio una tempestiva e affrettata replica dell’Amministrazione, specie di contenuto pretesamente giustificatorio e autoassolutorio, può essere soggetta ad interpretazioni a contrario, concludendosene l’ammissione per facta della effettiva sussistenza di una responsabilità pacificamente ascrivibile al replicante in quanto dal medesimo riconosciuta.
In altre parole, affrettarsi a replicare alle diffide, specie se massive, generiche e non puntuali né circostanziate, non è né doveroso né consigliabile, poiché se ne potrebbe agevolmente concludere che il querelante ha effettivamente colto nel segno. Senza contare che non di rado le risposte offrono spunto per una prosecuzione della “corrispondenza” che, in ultimo, finisce spesso per generare intralcio all’attività amministrativa.
A titolo di suggerimento operativo, dunque, si invitano i dirigenti scolastici destinatari di tali atti ad astenersi dal dare seguito a repliche, comunicazioni o interlocuzioni con gli esponenti, anche a tutela delle prerogative dell’Amministrazione e del buon andamento della medesima.
“L’immagine del cestino – conclude il Presidente Fratta – è eloquente! E’ sempre la funzione che fa l’organo! Alle diffide massive o evidentemente pretestuose e infondate, non bisogna rispondere: non vi è alcun obbligo. Se insistono bisogna denunciare gli autori per stalking. Chi ritiene che sia stato leso un diritto è libero di ricorrere al Giudice, come diceva una dirigente dell’ARAN: “da quando ho detto ai dirigenti e funzionari di non rispondere più alle diffide, riusciamo a lavorare!!”