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SISTEMA DI VALUTAZIONE – CIN 24 /25 – FASCE DI COMPLESSITA’. LA STORIA NON SI CANCELLA

SISTEMA DI VALUTAZIONE – CIN 24 /25 – FASCE DI COMPLESSITA’. LA STORIA NON SI CANCELLA

Non possiamo proprio esimerci dall’intervenire quando ci preme riportare la discussione su un piano di verità, che troppo spesso sembra essere offuscata da narrazioni parziali e da atteggiamenti strumentali, più attenti ad alimentare allarmismi che a costruire soluzioni.

 

Dopo 25 anni parlano di “ritardi” …

Suona quantomeno singolare che chi oggi si erge a difensore di una categoria, sollevando pretestuose accuse di “ritardi”, sia lo stesso che per oltre venticinque anni ha contribuito al mantenimento di una struttura  bloccata,  priva di qualsiasi reale prospettiva di riconoscimento della professionalità dirigenziale. Oggi, in un paradossale rovesciamento delle responsabilità, si pretende che in pochi mesi venga realizzato ciò che è stato colpevolmente ignorato per decenni.

 

I ritardi ci sono, ma… per colpa di chi?

Sì, esistono ritardi. Ma è doveroso chiarire quali. Il vero ritardo da denunciare, e da cui ogni altra riflessione dovrebbe partire, è il vuoto contrattuale in cui la dirigenza scolastica è stata mantenuta per troppo tempo: l’unica categoria dirigenziale in Italia e in Europa a non aver mai goduto di un sistema di valutazione strutturato e coerente con la normativa: con la conseguenza di non poter pretendere, come è previsto da precise leggi, una retribuzione di risultato adeguata al ruolo.  Questo è il ritardo vero. Questo è il limbo in cui è stata confinata una categoria che ha continuato a garantire la tenuta del sistema scolastico nazionale in assenza di riconoscimenti adeguati e senza la possibilità di avanzare legittime richieste su retribuzione di risultato degna di questo nome. La conseguente domanda sorge spontanea: per colpa di chi? E chi, invece, ha lottato affinché questa stortura venisse finalmente sanata? La categoria apra gli occhi e trovi finalmente una risposta.

 

Una svolta storica

Il D.M. 47 del 12 marzo 2025, con cui è stato istituito il Sistema Nazionale di Valutazione dei Dirigenti Scolastici, segna finalmente una svolta, ed è il risultato di una lunga battaglia di DIRIGENTISCUOLA, non certo di chi oggi addita i “ritardi” dopo averli non sono tollerati, ma favoriti per un quarto di secolo, nella miope accettazione dell’intera categoria a cui veniva raccontato di essere “speciale”, “peculiare”, imparagonabile alle altre dirigenze pubbliche e pertanto –ça va sans dire– non adeguatamente retribuibile.

Ci troviamo oggi davanti a un passaggio storico, che impone non solo attenzione, ma anche onestà intellettuale e un profondo senso di responsabilità collettiva. Non possiamo accettare che un processo tanto delicato e necessario venga ostacolato da preoccupazioni costruiti ad arte.

Per troppo tempo la scena sindacale è rimasta nelle mani di un’unica sigla di categoria, che, avendo piena rappresentanza e potere d’azione, avrebbe potuto, anche da sola, imprimere una svolta significativa a favore della dirigenza scolastica. Ecco perché, nel 2025, è paradossale e a tratti irresponsabile parlare di “ritardi” senza prima avere il coraggio di guardare onestamente alla propria storia e alle occasioni mancate lungo il cammino.

 

La verità sul CIN

Per quanto riguarda il CIN 2024/2025, spesso citato come ulteriore prova del presunto ritardo, è necessario fare chiarezza. Il ritardo c’è, sì, ma non è frutto del caso: è il risultato di una scelta ben precisa compiuta proprio da chi oggi punta il dito. Si è infatti rifiutata la proposta di DIRIGENTISCUOLA di un aumento significativo di 1000 euro destinato alla sola fascia C, preferendo un’equità fittizia attraverso la distribuzione di 500 euro su tutte le fasce. Una decisione legittima, certo, ma che ha inevitabilmente rallentato l’intero processo. E non è finita qui: una volta superato l’ostacolo dell’incremento uniforme che alla fine abbiamo accettato solo per non ostacolare i tempi, ecco che, nell’ultimo incontro, è comparsa un’ulteriore proposta, non nostra e del tutto inedita, che ha finito per bloccare nuovamente il tavolo negoziale. Un inciampo non casuale, ma l’ennesimo tentativo di allungare i tempi, ostacolando di fatto ogni reale avanzamento.

 

E sul “criterio” premiante della spesa Pnrr

E qual è questa proposta “inedita” che ha improvvisamente bloccato il tavolo? L’idea di inserire la spesa dei fondi PNRR come primo criterio premiante per attribuire la maggiorazione della retribuzione di risultato, nell’ambito della valutazione. Una proposta tanto discutibile quanto impraticabile nella sua formulazione, su cui la nostra posizione è ferma e inequivocabile: DIRIGENTISCUOLA non l’accetterà mai.

Non si tratta, come qualcuno vorrebbe far credere, di una misura transitoria o sperimentale valida solo per un anno. Accogliere oggi questo principio significherebbe incatenare la  valutazione dei DS  a una logica profondamente distorsiva. In pratica, si finirebbe per premiare chi gestisce il maggior numero di progetti, oggi PNRR, domani altra progettualità infinita, imposta dall’alto, priva di vera co-progettazione territoriale, a prescindere dalla qualità reale del lavoro svolto dai dirigenti.

Così facendo, il concetto stesso di valorizzazione professionale e il principio di autonomia scolastica verrebbero svuotati, trasformati in una sterile logica di spesa. Una deriva inaccettabile, che nulla ha a che fare con il merito, con la responsabilità o con la qualità della leadership educativa.

E ora vogliamo davvero provare a indovinare chi ha sostenuto con forza certe scelte? Proprio coloro che oggi gridano ai ritardi, dimenticando, o fingendo di dimenticare, che quei ritardi sono il risultato diretto di decisioni insensate che loro stessi hanno proposto, sostenuto e difeso fino all’ultimo.

 

Che dire delle “fasce”?

Lo stesso discorso vale per il tema delle “fasce” e, in particolare, per il famigerato indice ESCS, presentato all’inizio come un parametro neutro, affidabile, persino “oggettivo”. Ma la realtà ha presto smentito: a distanza di un anno, lo stesso indicatore ha prodotto punteggi diversi sulle medesime scuole, rivelando una fluttuazione ingiustificabile e una rappresentazione dei contesti scolastici spesso distante dalla realtà. Non solo: l’ESCS è un parametro opaco, che sfugge al controllo diretto e alla verifica da parte delle istituzioni scolastiche.

Invece di organizzare webinar per giustificare gli attuali errori di calcolo, sarebbe molto più utile e onesto riflettere profondamente su ciò che si è scelto di proporre e sostenere fin dall’inizio, come criteri di pesatura delle istituzioni scolastiche.  La coerenza non si misura con le slides esplicative, ma con la capacità di assumersi la responsabilità delle scelte fatte. È qui che sta il vero nodo: non nei numeri che non tornano, ma nella volontà di non ammettere che ciò che si è proposto e sostenuto , non restituisce stabilità.

 

Oggi “tutto e subito”: ma come si è arrivati a questo punto?

Sul piano retributivo, poi, si evocano le questioni legate alle reggenze, ai risultati, ai compensi ancora da liquidare. Questioni legittime, certamente. Ma anche qui è doveroso essere chiari: molti dei rallentamenti sono diretta conseguenza di negoziazioni contrattuali errate degli anni precedenti e di CIR mai sottoscritti, e i ritardi sono giustificati dal non volere operare penalizzazioni a carico dei singoli. Invece di sostenere con spirito costruttivo un processo che, dopo decenni di stallo, è finalmente partito, si preferisce ora puntare il dito contro presunti ritardi, nel tentativo di scaricare su altri le responsabilità di un sistema che solo ora, con fatica, cerca di recuperare anni di inerzia.

 

 

Cosa si fa per alimentare disordine e distogliere l’attenzione dalle proprie responsabilità?

“Si sceglie la strategia più vecchia e prevedibile: fare pressione sull’Amministrazione affinché imponga ad altri soggetti sindacali di accettare richieste che non trovano alcun consenso reale. Un tentativo chiaro e strumentale di forzare il confronto, trasformandolo in imposizione. Si accusa di “ritardi” chi sta lavorando con coerenza e responsabilità, nel tentativo di confondere e disorientare chi non conosce davvero la storia.  La verità è sotto gli occhi di tutti: chi oggi pretende tutto e subito, fingendo di voler risolvere il problema è lo stesso che il problema lo ha creato, lo stesso che per anni ha fatto parte attiva di un apparato che ha negato alla dirigenza scolastica il giusto riconoscimento: ha negato un sistema di valutazione, ha impedito di aspirare alla perequazione retributiva. Continua a gettare sabbia negli ingranaggi: i criteri delle fasce di complessità l’anno scorso, e l’introduzione della precedenza  legata alla capacità di spesa PNRR, quest’anno ne sono la prova. Come ne è la prova il tentativo di definire “balorda” la proposta di transitare nelle Funzioni Centrali.  Si continua a riproporre lo stesso gioco pericoloso, sempre a danno dei dirigenti scolastici. Un copione già visto, che non ha nulla a che fare con la costruzione di un futuro credibile per la categoria. Serve, piuttosto, a difendere rendite di posizione consolidate nel tempo: quelle stesse posizioni che, nel passato, sono state la vera fortuna di certi sindacati, più impegnati a preservare il proprio ruolo che a garantire diritti e riconoscimento alla dirigenza scolastica.
In questo schema, ogni tentativo di cambiamento viene sistematicamente ostacolato, non per tutelare la categoria, ma per non perdere il controllo di se stessi e di un equilibrio ormai logoro”

 

 

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