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PAR CONDICIO A SCUOLA: QUANDO LE BUONE INTENZIONI DIVENTANO DIRETTIVE

PAR CONDICIO A SCUOLA: QUANDO LE BUONE INTENZIONI DIVENTANO DIRETTIVE

Ha destato non poche perplessità fra i dirigenti scolastici il contenuto della recente nota 6545 del 12 dicembre scorso, a firma Carmela Palumbo, che richiama a poco più di un mese di distanza la precedente 5836 del 7 novembre, recante “Manifestazioni ed eventi pubblici all’interno delle istituzioni scolastiche” alla luce di “alcune recenti iniziative scolastiche che non sono apparse in linea con l’indicazione fornita”.

Fughiamo subito ogni dubbio: quelli della par condicio e del contraddittorio sono principi sacrosanti, da presidiare a tutti i costi a maggior ragione in un momento come l’attuale, in cui il rischio di estremismi e radicalizzazioni ideologiche è dietro l’angolo come da tempo non accadeva. Sono dunque fatte salve le migliori intenzioni della scrivente, che nei principi che le animano non possiamo che condividere.

Qualche mal di pancia, semmai, suscitano le tonalità, sempre pericolosamente in bilico fra la paternalistica tirata d’orecchie e il piccato tenore dirigista, specie se si pensa che i destinatari finali sono pur sempre II.SS.AA., che sciolto l’acronimo sta per Istituzioni Scolastiche Autonome. Ebbene, dov’è questa autonomia? La domanda (che è quella di molti DS di fronte a questa nota) è legittima, perché in queste situazioni il problema è sempre quello del limite. Come interpretare questa direttiva? Dove collocare il confine fra il lecito e l’illecito, fra il conveniente e lo sconveniente? Chi decide cosa è giusto e cosa sbagliato?  Ancora: cosa si intende esattamente per “manifestazioni ed eventi riguardanti tematiche di ampia rilevanza politica o sociale”? Se ci si riferisce agli attuali scenari di conflitto più noti sarebbe bene precisarlo. Altrimenti, a cosa dobbiamo pensare?

Come accade per molte cose che partono con le migliori intenzioni, un’interpretazione “alla lettera” del testo potrebbe portare a storture anche bizzarre: da Gherardo Colombo a Nicola Gratteri, da Paolo Crepet a Roberta Bruzzone, da sempre (e per fortuna) le scuole italiane ospitano specialisti, anche di grande autorevolezza e notorietà, che offrono una propria lettura dei fatti di cronaca e dei fenomeni sociali. E lo storico liceo classico romano Giulio Cesare, che per festeggiare i suoi 90 anni ha chiamato il cantautore (ed ex alunno) Antonello Venditti, che non ha mai fatto mistero dei propri orientamenti politici? Inutile proseguire, gli esempi si sprecano. In questi casi cosa fare? Chi si dovrebbe invitare per garantire il contraddittorio? E cosa si deve temere qualora a qualcuno venisse in mente di dire – e scrivere all’USR di riferimento – che, come ho invitato Venditti, non ho pensato di organizzare in parallelo un live, che so, di Max Pezzali o Enrico Ruggeri? Al di là del ragionamento per assurdo (ma non troppo), in caso di segnalazioni – anche anonime – ci dobbiamo preparare al solito imperversare di richieste di relazioni, rapporti, ispezioni “a strascico”?  No, grazie: il dirigente scolastico deve pensare a fare scuola, non a rispondere al primo docente, ata, genitore, politico locale a cui venga in mente di prendere carta e penna. Senza contare, in ultimo, che da che mondo è mondo questo tipo di proibizioni reca con sé, quasi automaticamente, la tentazione di… trasgredire, se non altro per i toni con cui sono imposte. È anche questione di stile: ci sono circostanze in cui è decisamente preferibile suggerire che vietare.

Ma poi, e diciamo da Associazione orgogliosamente e convintamente apolitica e apartitica: è inevitabile che ciascuno porti con sé quello che è, il suo vissuto e la sua prospettiva sugli eventi e i fatti umani, così come è evidente che non si può raggiungere l’astrazione dell’asetticità di vedute e di pensiero. Non per questo ci pare il caso di chiudere le scuole a qualsivoglia apporto e arricchimento esterno.

Senza contare che questa nota, così come la precedente, può prestarsi – ed è già successo – a letture strumentali da parte di direttori USR non particolarmente teneri con alcuni DS: giusto per fare un esempio concreto, di recente una dirigente socia DirigentiScuola, per aver organizzato un semplice appuntamento conoscitivo a porte chiuse,  si è vista richiamare impropriamente la suddetta nota 5836/25 (che già in oggetto reca “Manifestazioni pubbliche”) in relazione a un’iniziativa di incontro privato che di pubblico non  aveva proprio nulla. Senza contare che trattavasi di incontro che non avrebbe potuto prevedere alcun contraddittorio, perché le persone in questione (invitate privatamente e preliminarmente, si ribadisce) sono specialisti nel portare pace e salvare vite.

Come a dire: certi strumenti nelle mani sbagliate sono pezze peggiori del buco. E il buonsenso, parafrasando il caro vecchio Manzoni, uno o ce l’ha o mica se lo può dare.

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