- Prontamente notiziato sul proprio sito nazionale il 15 luglio u.s., abbiamo appreso – prima che l’interessata ce lo comunicasse – del decreto n. 386/2025 del giudice unico del Tribunale di Como; che, su ricorso della locale struttura UIL Scuola-Rua, ha dichiarato l’antisindacalità del comportamento della nostra socia, dr.ssa Valeria Peragine, dirigente scolastica nel CPIA della città lariana.
Il predetto decreto, accluso al comunicato sindacale, attinge a piene mani dalla sentenza n. 774 emessa il 22 gennaio 2025 dal Tribunale di Roma in composizione monocratica; che, preso atto della rinuncia della UIL al capo di domanda relativo all’ammissione alla contrattazione collettiva integrativa, ne ha per contro riconosciuto il suo diritto all’informazione e al confronto. Detto per inciso, diritto all’informazione e al confronto ottenuto adducendosi esattamente le stesse ragioni dello SNALS di sei anni prima; che, pur non avendo firmato il precedente CCNL 2016/2018, li rivendicava, ma che la stessa UIL all’epoca aveva accanitamente contrastato in sede giudiziale e insieme alle altre sigle sindacali. Si sa però che, in politica, l’essere tacciati d’incoerenza non fa di certo perdere il sonno.
Sarà lo stesso Tribunale capitolino, in sede d’appello e questa volta a composizione collegiale, nell’udienza di merito fissata al 31 marzo 2026, a confermare la pronuncia del giudice di prime cure che, con un approccio molecolare di pezzi di decontestualizzate disposizioni estratte dai singoli articoli del D. Lgs. 165/2001 e dal CCNL in vigore, in fatto disintegra il sistema delle relazioni sindacali (fondato sulla triade informazione-confronto-contrattazione integrativa). Oppure a configurarlo – per l’appunto – come sistema, ovvero una connessione inscindibile di elementi in un tutto organico e funzionalmente unitario, un insieme strutturato di norme che si giustificano reciprocamente nel segno della coerenza e volto a regolare compiutamente un determinato istituto: le relazioni sindacali e la cui titolarità spetta ai soggetti firmatari del Contratto collettivo nazionale di lavoro, di queste esse costituendone il completamento; sì che già una logica elementare e intuitiva rifiuta – dovrebbe rifiutare – ogni interferenza esterna di chi volutamente – e legittimamente, per sua scelta – si è reso ad esso estraneo.
Ma sarà comunque la Corte di Cassazione a dire la parola definitiva, sia nell’un caso che nel suo opposto.
Intanto è indiscutibilmente esecutiva la sentenza 774/2025 e ad essa si è attenuta la collega Peragine assicurando alla struttura territoriale della UIL Scuola-Rua il diritto all’informazione e la disponibilità al confronto a far data dal 23 gennaio 2025, ma ritenendo di non dover corrispondere all’imperiosa richiesta del Sindacato di ricevere ogni conseguente informazione e di svolgere il confronto, ora per allora, a partire dalla data di entrata in vigore del CCNL 2019/2021, cioè dal gennaio 2024: ché, diversamente, si dovrebbe ammettere la possibilità di riaprire procedure già concluse, con conseguente pregiudizio sia per il buon andamento dell’amministrazione scolastica, sia per il legittimo affidamento di tutti i soggetti beneficiati dagli atti adottati, come peraltro chiarito dall’ARAN.
- Ed è qui che la decisione del giudice comasco appare, per davvero – ché altri termini non ci sovvengono – stupefacente, in uno con il contesto in cui essa è maturata: a iniziare dall’anomalia, pre-processuale, che ha visto l’Avvocatura distrettuale dello Stato, anziché costituirsi direttamente (ed obbligatoriamente) in giudizio come per legge, delegarvi l’USR Lombardia che a sua volta ha subdelegato la stessa dirigente scolastica denunciata e due funzionarie in servizio nell’Ambito territoriale di Como, per la supposta ricorrenza, nel caso in esame, della fattispecie figurante nell’articolo 417-bis c.p.c., ma qui del tutto inconferente, non trattandosi di controversia relativa ai rapporti di lavoro dei dipendenti di pubbliche amministrazioni, laddove – e limitatamente nei giudizi di primo grado – l’Amministrazione può farsi difendere da propri funzionari. USR e DS avrebbero fatto bene, ed erano obbligate, a rispedire la delega al mittente!!
E stupefacente lo è, soprattutto, perché alla dirigente scolastica si è riconosciuto di aver agito “nel rispetto delle previsioni del Contratto collettivo nazionale di lavoro”, fonte gerarchicamente superiore e legittimante le relazioni sindacali d’istituto, ma ciò nonostante ha posto in essere un comportamento antisindacale! Lo ha posto in essere per non avere ella disapplicato – sempre fotocopiandosi un passaggio della citata sentenza 774 – “gli articoli 5 e 6 del ccnl comparto istruzione e ricerca 2019/2021 nella parte in cui le forme di partecipazione sindacale dell’informazione e del confronto sono riservate ai soggetti sindacali titolari della contrattazione collettiva, (mentre) deve dichiararsi il diritto della Federazione ricorrente alla titolarità delle prerogative sindacali relative all’informazione e al confronto”. E una disapplicazione delle disposizioni contrattuali – sempre gravante sulla dirigente scolastica – che sarebbe stata imposta dal D. Lgs. 25/2007, di attuazione della direttiva 2002/14/CE istitutiva di un Quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori: che però si applica de plano alle imprese – pubbliche e private – che svolgono un’attività economica, anche senza fini di lucro; assume l’informazione e la consultazione quali strumenti per rafforzare l’occupabilità e l’adattabilità dei lavoratori in relazione agli effetti negativi delle mutevoli condizioni dell’impresa; e rinvia pur sempre ai Contratti collettivi nazionali di lavoro la definizione delle sedi, dei tempi, delle modalità e contenuti dei diritti di informazione e consultazione nonché dei soggetti aventi titolo.
Altra anomalia ci sembra – ma è più di un’impressione – che la decisione del giudice sia dipesa dal fatto che la dirigente scolastica non abbia voluto sottostare al “reiteratamente approfondito tentativo di conciliazione”, ma alla duplice condizione pretesa dal ricorrente Sindacato: un esborso di euro 800,00 a favore dei due legali cui si era affidato, direttamente dalle tasche della collega Peragine; e una sua pubblica ammissione di mea culpa.
Si spiegherebbe così il rigetto della domanda attorea di condanna alle spese, secondo la formula di stile della “particolarità della questione trattata” e “unitamente al fatto che la dirigente scolastica ha agito nel rispetto delle previsioni del CCNL”; e si spiegherebbe altresì l’ommesso oneroso obbligo, caricato sulla parte soccombente, di pubblicazione, a sue spese, del decreto di condanna su almeno due quotidiani a diffusione nazionale, nonché la disattesa richiesta della ricorrente UIL di sua pubblicazione nell’albo cartaceo e informatico del CPIA di Como e, in aggiunta, sulle piattaforme elettroniche provinciali e regionali del MIM.
- È quindi, se non del tutto fuori luogo, decisamente oltre misura il trionfalismo della UIL che, ripiegando sulla stampa locale, ha sbandierato l’importante risultato ottenuto contro la preside Valeria Peragine condannata per comportamento antisindacale, una vittoria storica della Federazione UIL Scuola di Como, ovvero di Pirro!!
È fuffa! E sarebbe ora che la categoria ne prendesse atto e prendesse le distanze dalle OO.SS. di comparto che, anomalia tutta Italiana, giocano su due tavoli. Ma la colpa non è la loro ma di chi evidentemente ancora non ha chiara la differenza tra comparto e area.