4’INCONTRO DEL TAVOLO NAZIONALE SULLA POVERTA’ EDUCATIVA. I più deboli in presenza, e gli altri?

4’INCONTRO DEL TAVOLO NAZIONALE SULLA POVERTA’ EDUCATIVA. I più deboli in presenza, e gli altri?

Appena concluso il programmato quarto incontro del TAVOLO NAZIONALE incentrato sulla povertà educativa. Tavolo convocato dal Direttore generale dott.ssa G.Boda e che ha visto la presenza di vari rappresentanti dell’ordine giudiziario e dei servizi sociali sul territorio, tra cui il giudice Roberto Di Bella, il Prefetto Filippo Dispensa, all’interno di una dead line che il Ministero si è dato per cercare di risolvere quei fattori di criticità che hanno impedito una normale ripresa delle attività didattiche dopo la fase 1 della pandemia. Nello specifico conciliare le esigenze di tutela del diritto allo studio, quantomeno, per gli alunni in situazione di “povertà educativa” con il diritto altrettanto importante alla sicurezza ed alla salute del personale scolastico e dell’utenza nell’attuale contesto emergenziale. Uno dei nodi più delicati da sciogliere, insieme a quello dei trasporti e del tracciamento rapido dei contagi.

E’ di tutta evidenza, oltre che opinione ed approccio condiviso a livello governativo e ministeriale, che la tutela della salute e della sicurezza a scuola debbano – estrema ratio – avere preminenza sul diritto allo studio inteso nella sua accessione “ortodossa” di fruizione della didattica in presenza.

In questo contesto si tratta di capire se e come, seguendo la logica delle diverse “colorazioni” del fattore di rischio pandemico da Covid -19 (ndr. ci riferiamo ai noti rosso, arancione e giallo delle aree di rischio aggiornate periodicamente dal Ministero della Salute) sia possibile conciliare queste duplici istanze, per quelle categorie di studenti connotate da un maggior rischio di “isolamento digitale” e “sociale” che preoccupa per la sua potenziale traduzione in termini di abbandono e devianza, particolarmente in contesti territoriali e familiari già degradati. Diritti che, in astratto, oggi potrebbero facilmente interfacciarsi con la tutela della salute e della sicurezza del personale scolastico (da dirigente sino ai collaboratori con compiti di assistenza di base) se finalmente e semplicemente si attivassero quelle sinergie di fattiva collaborazione da cui dipende fortemente la sicurezza scolastica, in questo delicato periodo di seconda e forte riresa dei contagi.

Senza la collaborazione efficace del settore dei trasporti pubblici (da far partire finalmente in sicurezza, diversamente da quanto sinora attuato con gli esiti a tutti noti) e della prevenzione sanitaria (con screening di tamponi rapidi e tracciatura dei contatti tempestiva) è impensabile che le scuole possano riaprire i battenti, non solo per gli alunni in maggiore situazione di fragilità. Questo significherebbe – di fatto – pretendere che il sistema “regga” senza alcuna “rete” di sicurezza legata, da un lato, al gancio della prevenzione sanitaria (affidata ai Dipartimenti di Prevenzione, appunto, delle ASL, già in forte situazione di criticità senza la sovrapposizione dell’attesa influenza stagionale) e, dall’altro, al gancio della messa in sicurezza dei trasporti, da cui dipende fortemente la diffusione dei contagi.

Ma questo ancora non basta.

Se l’ingresso è da prevedere per “piccoli” gruppi di alunni (disabili, DSA e BES con tutta la sfumatura delle situazioni di disagio, non ultime e là dove accertata quella dell’isolamento digitale, problema crescente soprattutto per i bambini e le bambine che pur dotati di tablet e connessione non hanno adulti di riferimento capaci di supportare da casa il loro percorso di apprendimento digitale a distanza) allora è di sicuro più semplice approntare un protocollo di accoglienza in emergenza che preveda:

  1. la misura della temperatura corporea in entrata a scuola (ricordiamo che proprio nei contesti familiari connotati da maggiore fragilità questa misura è sovente disapplicata dai genitori, con i rischi che si possono ben immaginare);
  2. la vigilanza sul rispetto delle misure di sicurezza già note ma potenziate (mascherina almeno chirurgica e non più “di comunità” salvo documentata incompatibilità, il distanziamento maggiorato anche a 2 metri in aula, in presenza di un ridotto numero di alunni per classe, l’igiene periodica ed accurata delle mani e l’uso di attrezzature di dotazione personale);
  3. la differenziazione dei DPI per il personale scolastico, in quanto è di tutta evidenza che in questa fase i docenti dell’infanzia e di sostegno, al pari del personale ausiliario con compiti di igienizzazione e assistenza di base agli alunni disabili, debbano poter contare su mascherine FFP2 senza valvola, su visiere facciali protettive e su 2 ricambi di camici di lavoro lavabili, oltre che su guanti monouso per le situazioni di emergenza che presumono contatto fisico.

Ultimo ma non da ultimo, ritorniamo ancora una volta e con forza sulla necessità di attuazione di snelli interventi edilizi (molto meno costosi di Scuole Belle e del recente acquisto delle innovative sedute con ruote) che si rileveranno opportuni anche quando il rischio Covid-19 resterà un brutto ricordo per migliorare le condizioni igieniche e la salubrità degli ambienti scolastici. Parliamo – ancora e con la speranza di essere finalmente ascoltati – della necessità di sostituzione di un adeguato numero di ante “a libro” delle finestre con quelle di tipo basculante e/o dell’installazione di estrattori di aria da finestra o da muro (anche funzionanti per semplice convezione). Interventi tutti realizzabili con poca spesa per aula (quanto una o al massimo due sedute innovative) ma indispensabili per assicurare, anche nei mesi più freddi e con poco impatto sulla temperatura interna, il costante ricircolo e ricambio di aria nelle aule e nei locali scolastici, evitando le insidie delle “correnti” fredde.

Nel contempo rimuovere quelli che sono stati i maggiori fattori di criticità degli ultimi mesi:

  1. Adeguando il sistema locale dei trasporti, implementandone la disponibilità dei mezzi di linea e delle relative corse, ricorrendo magari anche ad operatori privati, ben contenti in questo momento di crisi di poter incrementare il loro fatturato;

  1. Implementando il sistema di contact tracing e dei cd. tamponi rapidi, pre-condizioni perché si possa, alla ripresa delle lezioni, rimandare in classe in tempi celeri docenti e studenti che dovessero risultare positivi o essere messi in quarantena fiduciaria attiva. La scuola oggi ha bisogno, soprattutto nei contesti locali dove sono già “mappati” i primi focolai in ambito familiare e scolastico, di tamponi che in tempi brevi possano fornire esiti affidabili, sia per il personale scolastico, sia per la popolazione studentesca e, soprattutto, di nuove procedure che “alzino” il livello della prevenzione, in uno scenario decisamente più critico di quello che ha connotato la ripartenza a settembre. La celerità nella tracciatura dei contatti e la conseguente tempestiva programmazione e attuazione di tamponi rapidi, secondo il noto ordine di priorità del Rapporto ISS Covid-19 n. 58/2020, sono a nostro avviso l’aspetto strategico da migliorare nel dialogo tra Dipartimenti di Prevenzione, Istituzioni Scolastiche e Comuni, terzi attori da inserire necessariamente in scena;
  2. Revisionando il protocollo di sicurezza a seguito della mutata situazione epidemiologica adeguandolo all’andamento attuale con particolare riferimento alla scuola dell’infanzia dove diventa difficile la staticità delle “bolle” per il turn-over di personale assente;
  3. Cablando tutte le scuole di reti lan capaci di sopportare il carico di connessioni che inevitabilmente si genererà al rientro in presenza, quando bisognerà inevitabilmente gestire parte delle lezioni da remoto.

Se e quando queste semplici misure potranno essere attuate si potrà pensare, anche nelle zone a maggior rischio, di assicurare per tutti la frequenza in presenza a tutti gli alunni, anche quelli in situazione di povertà educativa.  Senza l’attuazione di queste misure il rientro a scuola in presenza, anche per pochi, è una scommessa che non è etico azzardare.

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